Hai un conto corrente?
Paghi interessi passivi alla banca?
Paghi Commissioni e spese?
Forse non lo sai ma HAI DIRITTO AI RIMBORSI!
SCOPRI IL PERCHÈ...
La principale anomalia presente su tutti i conti correnti bancari, a dispetto di quanto si pensi, NON riguarda l’entità dei tassi d’interesse applicati dagli istituti di credito (si sente, infatti, spesso parlare di tassi usurari applicati dalla banche… Non è vero. I tassi, salvo rarissime eccezioni, sono regolari), ma il SISTEMA DI CALCOLO DEGLI STESSI.
Supponiamo, ad esempio, che un’azienda abbia un fido di cassa (cioè un importo messo a disposizione della banca per l’operatività dell’azienda) di 100.000 €; supponiamo altresì che su questo affidamento l’istituto di credito applichi un tasso di interesse passivo pari al 10% annuo.
Arrivati alla fine dell’anno, al 31.12, ovvero al momento del calcolo degli interessi da parte della banca, nell’ipotesi in cui tutto l’affidamento messo a disposizione dell’imprenditore, quindi i 100.000 €, venisse dallo stesso utilizzato, cosa accadrebbe?
La banca, come di consueto, provvederebbe al calcolo degli interessi maturati che, nel nostro esempio, ammonteranno al 10% di 100.000 €, ovvero 10.000 €. Tuttavia, dopo aver contabilizzato gli interessi al suo interno, la banca non contatterebbe lo stesso chiedendogli di provvedere al pagamento.
Perché NON LO FA?
Perché con una mera e banale chiusura e riapertura fittizia del conto corrente dell’imprenditore, la stessa provvede all’addebito dell’importo corrispondente agli interessi passivi maturati, quindi 10.000 €, direttamente sul conto corrente. Da questa elementare operazione da parte della banca, però, ne consegue che al momento della riapertura del conto corrente (una semplice operazione fittizia da parte della banca), il saldo del conto corrente passa da – 100.000 € a – 110.000 €.
Arrivati alla fine del secondo anno, a questo punto, gli interessi passivi che saranno maturati a debito del correntista, NON ammonteranno più a 10.000 €, ma bensì a 11.000 € (ovvero il 10% di 110.000 €) e così via, per tutti gli anni a seguire, fino alla chiusura del conto corrente.
È ILLEGALE!
Se pensate che l’effetto di questo sistema è tanto più elevato con il passare degli anni, potete immaginare quanti soldi gli istituti di credito hanno illegittimamente addebitato sul vostro conto corrente, SOTTRAENDOLI DALLE VOSTRE TASCHE.
Infatti, riprendendo l’esempio ed ipotizzando una durata del conto corrente di 20 anni, sempre al tasso del 10% annuo, l’effetto del meccanismo di calcolo illustrato precedentemente avrebbe comportato un addebito a titolo di interessi passivi sui 20 anni di 572.750 € invece di 200.000 € (ovvero BEN 372.750 € in più).
NON È FINITA QUI
L'esempio riportato fa riferimento all'ipotesi del calcolo degli interessi UNA VOLTA ALL’ANNO. Tuttavia, è doveroso ricordare che per decenni il calcolo degli interessi passivi avveniva 4 VOLTE L’ANNO, rispettivamente al 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre e 31 dicembre di ogni anno.
A questo punto provate a replicare il “giochetto” 4 volte l’anno, moltiplicato per i tassi passivi che avete pagato alle banche, moltiplicato a sua volta per l’entità degli affidamenti che vi sono stati concessi e soprattutto, moltiplicato per gli anni trascorsi da quando avete aperto il conto corrente. Che importo esce? Bene, una buona parte di quell’importo SONO SOLDI VOSTRI CHE LE BANCHE VI DEVONO RESTITUIRE!
Si tratta esattamente di ANATOCISMO.
Se a questo si aggiunge che spesso le aziende dispongono di più conti correnti affidati, con annessi anche i relativi conti d’ordine (anticipi fatture, salvo buon fine), anch’essi produttivi di interessi illegittimi, è semplice immaginare quanti soldi in più potrebbero avere a disposizione gli imprenditori per sviluppare i propri business.
L'anatocismo non è l’unica voce di addebito lucrata illegittimamente dalle banche.
Basti pensare che nei rapporti di conto corrente, accesi prima dell’entrata in vigore della norma sulla “trasparenza bancaria” (L. 17/2/92 n.154), le condizioni applicate venivano praticate o in totale assenza di un contratto scritto o con un contratto invalido perché facente semplice rinvio alle “condizioni di piazza”, clausola ritenuta illegittima dalla giurisprudenza in quanto indeterminata.
In particolare, le voci normalmente addebitate dalle banche ai correntisti, che tuttavia, se non correttamente pattuite o non giustificate da una "causa concreta" devono essere restituite, fanno riferimento a:
- Interessi ultralegali (ovvero gli interessi calcolati ad un tasso superiore al tasso legale)
- Commissioni di Massimo Scoperto
- Spese di chiusura periodica
- CIV (Commissioni di istruttoria veloce)
- CDF (Commissioni di messa disponibilità fondi)
I nostri Adviser sono a vostra completa disposizione per spiegarvi gratuitamente e senza impegno per quali motivi le voci sopra menzionate possono diventare oggetto di domanda di restituzione nei confronti delle banche.
Oltre ai profili di illegittimità spiegati precedentemente, occorre evidenziare un possibile orientamento rivoluzionario introdotto dalla sentenza n. 898 del gennaio 2018, della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite (che rappresenta l’apice della Magistratura), confermato da un'ulteriore sentenza del Tribunale di Prato di giugno 2018, ma soprattutto dalla recentissima pronuncia della VI Sezione della Corte di Cassazione del 10 settembre 2019.
La Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sulla validità del contratto firmato dal solo correntista (contratto definito MONOFIRMA), ma non dalla banca, -come invece previsto dall’art. 117 del Tub (Testo unico bancario) che impone l’obbligo della forma scritta ad substantiam - ha introdotto un nuovo principio per il quale il contratto di conto corrente bancario firmato dal solo correntista è valido a condizione che un originale venga consegnato al cliente. La prova della consegna, così come indicato dalle "Istruzioni della Banca d'Italia" è attestata mediante apposita sottoscrizione del cliente sull’esemplare del contratto conservato dalla banca.
Leggendo quanto sopra pare evidente che la condizione imposta dalla Suprema Corte per la validità di un contratto di conto corrente bancario firmato dal solo correntista, pena la NULLITÀ, sia la consegna di un originale al cliente.
Ciò significa che, se la banca (che si ritiene sia investita dell’onere della prova) non fornisce la prova dell’avvenuta consegna di un originale del contratto al cliente al momento della sottoscrizione, lo stesso è da ritenersi NULLO. Ne consegue che tutte le condizioni in esso indicate sono nulle e, quindi, prive di effetto sul cliente. Qualsiasi somma di denaro versata dal correntista alla banca a qualsiasi titolo (interessi ultralegali, interessi anatocistici, cms, civ, cdf e spese), eccetto gli interessi calcolati al tasso legale (quindi infinitamente più basso), deve essere restituita al correntista.
Camelot propone un servizio a 360° che si sviluppa in 5 fasi:
1° Fase: Incontro gratuito con un nostro specialista, Adviser, che, in maniera estremamente semplice e comprensibile, spiega all’imprenditore la modalità con cui gli istituti di credito, per anni, hanno addebitato somme di denaro illegittimamente.
2° Fase: A seguito dell’incontro con l’Adviser, se il cliente desidera quantificare le somme sottratte dalla banca illecitamente, Camelot gratuitamente svilupperà un’analisi peritale che quantificherà, voce per voce, il totale delle somme pagate alla banca in maniera illegittima. È necessaria la sola produzione da parte del cliente della documentazione contabile relativa agli estratti conto trimestrali (ovvero gli elementi per il conteggio delle competenze sia del conto ordinario che, laddove presenti, degli eventuali conti sbf/anticipo fatture).
3° Fase: Una volta pronta la perizia, l’Adviser ne illustra dettagliatamente il contenuto al cliente, in modo che possa comprendere le motivazioni per cui potrebbe recuperare i singoli importi pagati all’istituto di credito. Nell’eventualità che il cliente desideri procedere con la domanda di rimborso, l'Adviser gli spiega le modalità con le quali procedere alla richiesta.
4° Fase: A seguito della firma del mandato da parte del cliente, si procede con la fase stragiudiziale, ovvero si tenta, attraverso una precisa lettera di contestazione trasmessa all'istituto di credito ed eventuamente il successivo espletamento della Mediazione, di giugere ad una conclusione positiva senza la necessità di ricorrere in giudizio.
5° Fase: Nel caso in cui la Mediazione dovesse produrre un risultato negativo, ovvero non si trovasse nessun accordo con l’istituto di credito, si procede con l’azione giudiziaria.
Camelot, credendo fortemente nella buona riuscita di ogni singola operazione, propone al cliente una formula sostanzialmente legata al buon fine della pratica. Infatti - a parte un minimo contributo iniziale che viene chiesto al cliente alla firma del mandato, che è comprensivo dell'accollo di ogni onere giudiziario e degli onorari, diritti e spese del legale da noi segnalato e che sarà incaricato dal cliente dell’assistenza e rappresentanza, sia per l’attività stragiudiziale come per il procedimento giudiziario, (escluso l’eventuale CTU e l’avv. Domiciliatario) - il compenso per Camelot verrà riconosciuto dal cliente in percentuale sul risultato ottenuto e successivamente all’ottenimento di detto risultato; ovvero successivamente all’incasso da parte del cliente delle somme riconosciute a suo credito.